La mia amica giapponese Aki, conosciuta ai tempi in cui studiavo in giro all’estero e conoscevo il mondo, stamattina mi ha mandato via email un disegno che raffigura un Amabie. L’Amabie è una sorta di fantasma (in giapponese Yokai), un personaggio della tradizione popolare comparso all’inizio dell’Ottocento: sembra una goffa sirena a tre zampe, con lunghi capelli e un becco. Si racconta che venisse dal mare e servisse a guarire le persone durante le epidemie. “Se la malattia si diffonde”, disse Amabie, “mostrate una mia immagine a chi sta male e questo guarirà”.
Ecco allora l’invio agli amici del simpatico disegno che sembra un manga. In Giappone, in questo periodo di emergenza da virus, l’Amabie è ritornato di moda. I social ne sono invasi e l’hashtag #Amabie spopola su Twitter.
Questa creatura soprannaturale mi ricorda la splendida Ponyo del film di animazione di Miyazaki, e non sarebbe strano che il grande maestro si fosse lasciato ispirare dal folklore del suo paese. Del Giappone mi ha sempre affascinato quel lato fantastico e fanciullesco che mescola natura e mitologia, leggenda e spiritualità.
Anche negli origami c’è la famosa gru di carta che viene regalata agli ammalati come augurio di pronta guarigione. Gli animali, reali o inventati, sono sempre presenti nella cultura giapponese e diventano personaggi di storie disegnate e animate. Di questi argomenti ho scritto quindici anni fa in un saggio che ha avuto un buon esito, ripreso e citato in tesi di laurea e ricerche. Lo riporto qui per chi fosse interessato: https://www.fucinemute.it/2005/07/manga-letteratura-a-fumetti/
Dal mio blog invio a tutti i lettori questo Amabie con i miei migliori auguri.