Ridere, scherzare e poi svenire

C’è una condizione umana che trovo sublime e molto chic. Non è niente di eroico, e forse per questo diventa irresistibile per me. Un fatto che può verificarsi all’improvviso, spesso senza dare troppi cenni di preavviso, ma che rivoluziona in un attimo tutto quello che una persona sta facendo. Parlo dello svenimento.

Perdere i sensi è una temporanea uscita di scena. La vista si oscura e ogni azione viene interrotta. L’unica cosa a muoversi, allora, è il corpo del soggetto coinvolto che precipita a terra senza premeditazione né logica.

Non bisogna aver letto i romanzi ottocenteschi o aver visto un film con le damine per apprezzare questo stato di mancamento. E’ qualcosa di privato che diventa di colpo pubblico, se si ha la fortuna di perdere i sensi non da soli. “Ridere, scherzare e poi svenire”, per citare una canzone di Patty Pravo.

Nel mio dialetto, quello triestino, svenire si dice “andar insieme”, espressione che descrive il fenomeno della coagulazione del latte così come l’accartocciarsi su se stesso di chi perde i sensi. Una volta di più evviva i dialetti e le loro frasi idiomatiche!

Se penso ai miei svenimenti ne ricordo di eccellenti. Con la testa nel piatto al tavolo di una pizzeria in Liguria dopo un’interminabile traversata in macchina dalla Svizzera. Scendendo dal treno di sera in un’affollata stazione. A teatro, a conclusione di uno spettacolo sconsigliato a chi si impressiona. Alle terme di Budapest dopo essere passato una volta di troppo dal gelo esterno ai bollori dell’acqua fumante. E cosa dire delle palline rosse che mi comparivano sugli occhi guardando da bambino la crocefissione di Cristo in “Gesù di Nazareth” di Zeffirelli?

Che momenti letterari, che ispirazione per ciò che sto scrivendo in questo periodo. E’ materia talmente narrativa e onirica insieme che un autore ispirato come Edoardo Albinati ne ha fatto un libro delizioso, “Svenimenti”. Dicendo, tra l’altro: “Mi interessano le vicende in cui uno stato di privazione ci costringe a sentire più intensamente, a pensare in modo inconsueto, ad agire senza margini di scelta, a usare gli spiccioli, le energie residue.”

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