La classe morta

Chiariamo subito una cosa: non è morto nessuno! Come molti insegnanti, sono solo in procinto di cominciare un nuovo anno scolastico che si prospetta delicato e strano. Le aule sono state sistemate per accogliere i ragazzi: meno banchi, distanziati, misure varie e schermi di computer.

I corridoi sono ancora silenziosi, le scale vuote e nell’aria aleggia odore di disinfettante.

A guardarla così, la mia scuola mi ricorda uno dei capolavori del teatro del Novecento, “La classe morta” di Kantor. Gli allievi sono dei vecchi-bambini, spettri che procedono come stanche marionette nel ricordo onirico dell’infanzia dell’autore. Movimenti automatici, scatti ripetitivi, alzate di mano che non hanno più niente di vitale e di eroico. Un girotondo imposto e preordinato che segue le direttive create da un regista-burattinaio.

La scuola che sta per cominciare potrebbe seguire tracce simili. Siamo in attesa di un copione: se arriverà saremo nella rappresentazione drammatica, se non arriva navigheremo a vista e a nostro rischio. E aprendo gli occhi non ci accoglierà il valzer di Kantor e neanche il suono della campanella che è stata silenziata.

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