L’emergenza è diventata consuetudine. Dopo quasi dieci mesi dalle prime lezioni online, adesso collegarsi in modo virtuale con la propria classe è diventato la normalità per alunni e insegnanti. E le piattaforme che forniscono questi servizi didattici si adeguano di continuo alle esigenze che saltano fuori man mano che il lavoro a distanza diventa prassi.
E’ obbligatorio chiedere ai ragazzi di farsi vedere, devono tenere accesa la videocamera. Subito essi adducono scuse varie. La più sottile riguarda la privacy: non me la sento di mostrare a tutti la mia casa. La scuola è democratica e includente, è ingiusto mortificare chi vive in un misero monolocale rispetto a chi può mostrare orgoglioso saloni e terrazze fiorite. Così la pulsantiera delle aule virtuali si arricchisce dell’opzione “modifica sfondo”: si schiaccia il comando e si sceglie cosa far apparire alle proprie spalle invece del muro di casa. Finte librerie, camere ordinate, sfondi da cartolina o cavalli in corsa (quest’ultima, francamente, la meno comprensibile).
Il prof impazzisce perché gli allievi o non ci sono e non rispondono proprio, oppure quando parlano lo fanno tutti insieme senza una regola? Nessun problema: compare il nuovo pulsante che raffigura una manina. Sarà questo, d’ora in poi, il modo per chiedere educatamente e in silenzio di poter prendere parola. Scusi prof, posso?
A me tutti questi accorgimenti fatti per migliorare la convivenza delle classi a distanza fanno tenerezza. Ovviamente le lezioni adesso devono essere reinventate. Impensabile tenere un gruppo di adolescenti immobili davanti a uno schermo per una o magari due ore e prodursi in una classica lezione frontale in cui tu, docente, parli al mondo.
L’opzione che permette di condividere con gli altri il proprio schermo è la mia preferita. Ciascun partecipante alla lezione, anche un allievo, può mostrare a tutti un documento presente nel suo apparecchio o un sito Internet che ha cercato. In questo modo l’altro giorno, tra le mille attività che ho proposto per movimentare due ore altrimenti interminabili, essi hanno proposto una canzone che amano, l’hanno presentata ai compagni, l’hanno fatta ascoltare. E io ho aggiornato il mio bagaglio musicale sulle frequenze adolescenti.
Un ultimo pensiero dedicato ai miei poveri colleghi. Le lezioni online adesso le teniamo da scuola, ogni prof sta in un’aula vuota, da solo, e si collega coi ragazzi che sono a casa. E già questo sarebbe il set per il nuovo film di Lars von Trier. Ma non divaghiamo. Vorrei confermare ai colleghi che le note pop e i ritmi trap che uscivano martellanti dalla mia aula facevano parte del suddetto esercizio e che non sono ancora irrimediabilmente uscito dal seminato.
