Gli studenti sono scesi in piazza per protestare contro il reinserimento delle prove scritte ai prossimi esami di maturità. Dopo due anni di pandemia, dicono i ragazzi, con lo stravolgimento della normale programmazione scolastica, non è giusto ritornare al vecchio sistema, bisogna tenere conto che la preparazione è stata parziale, lacunosa. La mia prima reazione è: finalmente i giovani fanno sentire la loro voce, in questi due anni – a parte qualche timido dissenso alla DAD – ci domandavamo dove fossero finiti. D’altra parte tocca constatare che purtroppo si lamentano per qualcosa che è controproducente prima di tutto per loro. La richiesta non è accettabile: abbiamo abbassato l’asticella già abbastanza e la maturità è e deve restare una prova importante, seria e complessa della vita di una persona, non una formalità che si risolve con una tesina.
Ma lo scontento degli studenti in questo momento non è da considerarsi come un capriccio. Chi ha a che fare con i più giovani, in particolare con gli adolescenti, non può che riscontrare una loro fase di crisi acuta. Insicuri, fragili, più confusi e indolenti del solito, i ragazzi stanno affrontando gli anni sempre problematici dell’età che porta nel mondo adulto con un’ansia palpabile. E la causa principale, siamo onesti, sono gli adulti che hanno gestito e stanno gestendo l’era del Covid-19 con miopia ed eccessiva leggerezza.
Dietro all’insicurezza degli adolescenti ci sono le scelte imposte per prudenza, per paura e soprattutto per incapacità di tenere sotto controllo uno stato di emergenza che in modo subdolo è diventato la nostra nuova realtà. I divieti, l’eccessivo controllo, la privazione della socialità sono fastidiosi per gli adulti, dannosi per i ragazzi. Ne va del loro sano sviluppo, ne va dell’equilibrio psichico di chi si sta formando un carattere giorno dopo giorno, settimana dopo settimana.
Le scelte degli adulti sono state, forse, obbligate ma disastrose. Per dirne una, dopo aver demonizzato telefonini, computer e virtualità, la scuola – il massimo centro di produzione di informazioni, di studio e di ragionamento per una persona in crescita – è stata trasferita, per un periodo non breve, completamente online. Il confronto con gli altri, che per i ragazzi dovrebbe essere quotidiano, è ancora più confinato ai social e le soluzioni trovate dagli adulti sono state tutte imposte con davvero poca comprensione per quell’età critica. Il risultato adesso sono le proteste, i cortei e la mobilitazione per semplificare ancora di più un esame che invece deve restare uno spartiacque verso il mondo del lavoro o dell’università.
Sinceramente mi spaventa la preparazione insufficiente che stiamo dando agli adolescenti che dovrebbero ricoprire, un domani, i posti chiave della nostra società. Non un grande investimento sul nostro futuro, temo.
