Il Salone del Libro è un evento bellissimo per i lettori ed è una fonte di stress per gli scrittori. Naturalmente essere presenti alla rassegna con un proprio volume è prestigioso e appagante, ma parlare e rispondere a domande nella confusione della fiera, con mille distrazioni e rumori d’ogni tipo, può risultare anche angosciante.
Quest’anno non sono andato a Torino, ma i miei due ultimi libri sono lì al Lingotto: c’è la Guidina di Trieste, pubblicata da Edizioni EL nel 2020 qualche giorno prima del famoso lockdown, e c’è “Trieste senza bora”, uscito per Watson Edizioni nell’estate 2021. Un testo per ragazzi e uno per adulti, la sintesi della mia produzione libraria. Due volumi che finalmente raggiungono il festival in questi due anni complicati.
Al Salone ci sono stato diverse volte e soprattutto da lettore-spettatore mi sono divertito molto. Ricordo la prima volta: era il 2001 e il mio primissimo libro, “Un racconto di frammenti”, era esposto in uno stand vicino ai lavori di scrittori che amavo e che non mi stancavo di leggere. Al festival ero entrato grazie a un accredito dell’amico editore Valerio Fiandra, le volte successive avrei avuto il pass di giornalista.
Ho scritto diversi articoli negli anni dal Salone, per il quotidiano free press In Città e poi per Il Piccolo. Ho conosciuto molti autori e addetti ai lavori e scoperto case editrici di cui ignoravo l’esistenza. Ma l’edizione che ricordo con più affetto è quella del 2015, l’anno in cui uscì il mio libro “Un pittore di nome Leonor” illustrato da Andrea Guerzoni. Con Andrea presentammo il volume al Salone per un pubblico di giovanissimi e tenemmo un animato laboratorio in una scuola elementare. Era il periodo in cui i miei soggiorni a Torino erano arricchiti dalla regolare visita a Carol Rama nella sua affascinante casa-studio di via Napione, che adesso è diventata un museo. Guerzoni organizzava mostre e iniziative incentrate su questa straordinaria artista, in una fui coinvolto anch’io, “Quanta luce nel nero”, allestita a Roma.
Una volta raccontai a Carol Rama della bora e della sua potenza. Lei mi ascoltava con i suoi occhi da bambina impertinente e alla fine mi disse: “Che paura!”
