Ammettiamolo: ogni docente che si rispetti ha vissuto, almeno una volta nella vita, una crisi di vocazione e ha maledetto il suo lavoro, troppo spesso bistrattato e sottopagato, meditando alternative forme di remunerazione. Sull’argomento Ketty Rouf ci ha scritto un gustosissimo romanzo. Condivido l’articolo che ne ho ricavato per il quotidiano Il Piccolo.
Corrado Premuda
LA PROF CHE FA STRIPTEASE E’ L’ESORDIO IN FRANCESE DELLA TRIESTINA KETTY ROUF
Il Piccolo, 23 luglio 2021
Come può una professoressa di filosofia introversa e ordinaria sopravvivere allo squallore di una vita che la inchioda in un oscuro liceo di periferia? La monotonia delle giornate si assomma ad un lavoro poco edificante e a una scuola sempre più azienda e sempre meno luogo di scoperta e formazione. Ma Joséphine riscopre il suo corpo e il potere di giocare tenendo in scacco gli uomini diventanto, di notte, ballerina in un locale parigino di strip-tease. È un romanzo dirompente “Non si tocca” (Edizioni e/o, pp. 190, euro 17) scritto in francese dalla triestina Ketty Rouf che ha vinto con quest’opera prima il Prix du Premier Roman. Complice un corpo che “cade ma non cede” la protagonista inizia una doppia vita che le regala soddisfazioni anche a scuola, tra impacciati colleghi e allievi sbruffoni, e denaro perché “Ho delle belle tette, sì, ma anche una laurea”. La storia tocca vari temi, a cominciare dal ruolo degli insegnanti, oggi messo seriamente in crisi non solo in Italia.
Racconta l’autrice: “Ho insegnato in Francia per qualche anno, ed è stata un’esperienza frustrante. Oggi si esige che gli insegnanti siano educatori, assistenti sociali, baby sitter o, peggio, forze dell’ordine. Lo dico con grande rispetto per tutte queste categorie professionali. Il mestiere dell’insegnante è stato denaturato, non si tratta più di trasmettere un sapere ma di “tenere” una classe. Ho molti amici professori. Tanti ne soffrono. Il personaggio del romanzo non è affatto una caricatura. Alcune delle situazioni descritte vengono dalla mia esperienza personale o da quella di amici, ma anche da articoli e saggi che analizzano l’attuale crisi della scuola.”
Lei ha studiato filosofia: c’è una connessione col sesso?
Hanno entrambi una pretesa metafisica, direi. Filosofia e sesso cercano entrambi, o hanno cercato, un’unità perduta, o forse mai esistita. Il concetto si serve d’immagini e le immagini possono essere capite grazie ai concetti. L’uno non esaurisce l’altra, ma è soprattutto il desiderio ad essere il loro comune denominatore e forse pensare significa fondamentalmente pensare il corpo e pensare grazie al corpo. Joséphine è una donna che balla nuda ma non dimentica la filosofia poiché pone al suo proprio corpo una fondamentale domanda filosofica: chi sono?
È nata a Trieste ma ha scritto il romanzo in francese. Scrive anche in italiano?
Sì, sono nata e cresciuta a Trieste. Sono italiana, ma sognavo Parigi fin da bambina. Dopo un Erasmus prima della tesi in filosofia sono diventata, per così dire, parigina. Scrivo talvolta in italiano e non escludo di farlo più seriamente negli anni a venire. Ho vissuto fino all’età di otto anni a Trieste. Poi, i miei genitori hanno deciso di traslocare a Sistiana dove vivono tuttora.
Ha trascorso un’infanzia triestina.
I ricordi sono quelli legati all’inizio della scuola – mi ricordo molto bene della mia prima maestra – ma anche i ricordi del viale XX Settembre, lo zucchero filato e le bancarelle nel giorno di San Nicolò, il panino di prosciutto cotto da Marascutti, il Carnevale in maschera e la sfilata dei carri a Opicina. Ho anche altri ricordi di Trieste… ricordi un po’ speciali. I miei genitori erano infermieri all’ospedale psichiatrico di San Giovanni. Ho conservato un’immagine vaga – ero molto piccola – ma pur sempre presente, di Marco Cavallo, il cavallo azzurro simbolo della legge sulla chiusura dei manicomi. In generale, tutta la realtà legata alla psichiatria e all’esperienza dei miei genitori è un ricordo molto presente.
Ha mai pensato di ambientare una storia a Trieste? Che tipo di storia potrebbe essere?
Sì, ci penso e sarebbe una storia che parla di identità e di viaggio. Identità di luoghi e persone, e viaggio perché secondo me Trieste è allo stesso tempo una città di arrivo e di partenza. In quanto figlia di profughi istriani, il mio cognome è Zacchigna, ho sempre visto Trieste come punto d’arrivo dell’esodo, ma anche come l’inizio di un altro viaggio da intendersi in senso geografico o esistenziale. Mi piacerebbe scrivere una storia fantastica in cui Trieste sarebbe la protagonista e la bora la spazzerebbe via. Un non-luogo, un confine difficile da tracciare tra presenza e assenza. Una città aperta sul mare che con il mare si confonde.
Quali attrici vedrebbe bene nel ruolo della sua protagonista Joséphine in una versione cinematografica del romanzo?
Il romanzo è in corso di adattamento cinematografico in Francia. Il produttore è Les Films du Kiosque, lo stesso del film “La belle époque”. Per quanto riguarda l’attrice, confesso di averne parlato spesso con la sceneggiattrice, Marcia Romano, e di sognarne una in particolare. Ma nulla è ancora stato deciso, ed io sono troppo superstiziosa per dire di chi si tratta.
Il romanzo “Non si tocca”, tradotto da Valentina Abaterusso, segna il debutto nella narrativa di Ketty Rouf e sarà presentato dall’autrice alla libreria Minerva giovedì 1 luglio. La storia è in parte autobiografica: Ketty Rouf ha studiato filosofia in Francia e insegnato italiano al liceo prima di diventare interprete e traduttrice. È in preparazione un film tratto dal libro.
