Quando stavo dall’altra parte della cattedra, da adolescente, mi divertivo insieme ai miei compagni a scrivere su un quaderno tutti gli strafalcioni e gli errori più o meno volontari dei professori. Ogni debolezza, ogni piccola digressione dalla serietà della lezione suscitava in noi una grande ilarità, tanto più che ridere era sconveniente e sappiamo quante le risate trattenute a forza siano dannatamente irresistibili.
Io ero l’addetto a questa quotidiana raccolta compilativa e conservo ancora i preziosi taccuini che ogni tanto i compagni mi chiedevano in consultazione. Una volta ricordo che la professoressa di italiano mi sequestrò uno dei famigerati esemplari che girava tra i ragazzi sghignazzanti e io sudai freddo durante tutto il resto dell’ora temendo la punizione che la docente avrebbe potuto infliggermi se avesse letto e riconosciuto quella serie di svarioni scientificamente riportati. Ma la storia finì bene.
Direi che non si trattava di una presa in giro benevola dei nostri professori: andavamo al liceo classico e in noi c’era una sorta di sadico piacere a notare e documentare i passi falsi degli insegnanti. Pensavamo di giocare di furbizia, godevamo nell’assistere alla vulnerabilità dell’adulto intoccabile. Di tutt’altra pasta sono gli sticker che i miei allievi adesso realizzano partendo dalle mie foto.
E cioè si tratta di attestazioni di gradimento: il prof che diventa un’iconcina che essi si scambiano nelle chat di WhatsApp è di per sé entrato nell’immortalità come una vera pop-star. Sorrido pensando al materiale a loro disposizione sul web: specialmente dal mio profilo Instagram essi recuperano facilmente pose bizzarre, situazioni divertenti, facce adatte ad essere trasformate. E in rete abbondano immagini delle mie presentazioni e di situazioni pubbliche.
Interessante segno dei tempi: l’arma che usavamo i miei compagni ed io era la scrittura, l’arma di essi sono le immagini.
Nelle loro elaborazioni compaio di volta in volta con un cappellino rosso e la scritta cool, con le mani sulla fronte e la vignetta “Quanti pensieri!”, oppure sono proprio al naturale con pellicce rosa e palloni di chewing-gum sulle labbra. Sono una preda facile, è vero.
Naturalmente lo so bene: gli sticker che mi hanno mostrato sono quelli più innocui, simpatici, leggeri, magari ne hanno prodotti anche altri, feroci. Ma di una cosa sono certo: alla base del loro lavoro creativo non c’è cattiveria, gli adesivi virtuali col prof hanno la forma del cuore.
