Non conoscevo l’autore e non conoscevo questo straordinario romanzo: “Il mio albero di arance dolci”. Scritto nel 1968, il libro è l’autobiografia di José Mauro de Vasconcelos (1920-1984), scrittore brasiliano che ha fatto mille lavori tra cui anche l’attore. Questa storia è folgorante, forte, divertente e drammatica, è più che un romanzo di formazione, è un racconto-scrigno che racchiude all’interno un sacco di perle universali. Ho recensito il libro per il quotidiano Il Piccolo e condivido l’articolo.
Corrado Premuda
ZEZE’, IL BIMBO DELLA FAVELA CHE DIVENTA AMICO DI UN ALBERO DI ARANCE
Il Piccolo, 12 giugno 2022
È dura la vita per un bambino che cresce, un secolo fa, in una favela di Rio de Janeiro. I genitori sono poveri, anzi poverissimi, le bocche da sfamare sono tante e per giunta il piccolo Zezé ne combina una dopo l’altra e viene sistematicamente punito con botte da orbi. Ma il bimbo è dotato di un’intelligenza diversa dal comune: a soli cinque anni impara a leggere da solo, suscitando più che l’ammirazione lo sconcerto di mamma e papà che lo considerano un diavolo e lo mandano a scuola in anticipo.
A Zezé le storie piacciono un sacco, e più sono difficili, più gli piacciono. Col fratellino inventa giochi sempre nuovi e sentenzia che da grande lui sarà un poeta. Quello che cerca dagli altri è un po’ di tenerezza, ma i suoi scherzi crudeli e congegnati alla perfezione gli procurano solo castighi trementi.
Ogni volta che succede, per Zezé è una tragedia: “L’uccellino che mi cantava dentro volò lontano”. Per farsi perdonare dal padre, che ha gli occhi “enormi come lo schermo di un cinema” e neanche un soldo per fargli un regalo di Natale, il bambino lavora come lustrascarpe per comprare al genitore, depresso e senza lavoro, un pacchetto di sigarette. Quando si trasferiscono in una casa nuova, non migliore della topaia precedente, Zezé diventa amico di un albero di arance che chiama Minguinho e che per un miracolo può parlare e consolarlo. Lo zio gli spiega che lui sente di avere dentro un uccellino perché è Dio a donare un pennuto a ogni bambino per aiutarlo a scoprire le cose: quando il piccolo non ne ha più bisogno, restituisce la bestiola a Dio che la affida a un altro bimbo.
Quasi sconosciuto in Italia, José Mauro de Vasconcelos (1920-1984) è uno dei grandi autori brasiliani del Novecento: allenatore di boxe, maestro elementare, scaricatore di banane, cameriere e attore, ha raccontato la sua infanzia nello straordinario romanzo “Il mio albero di arance dolci” (Blackie Edizioni, pp. 198, euro 18,90) tradotto ora da Annabella Campanozzi. Uno spaccato che mescola realismo, fantasia e denuncia sociale per una storia corale piena di personaggi struggenti e comici in cui il protagonista assoluto è sempre il piccolo Zezé.
Il suo rapporto con gli adulti è alla base di molte avventure: pupillo della maestra, il bambino collabora con un cantante di strada che vende gli spartiti delle canzoni che interpreta e poi in un locale che si chiama emblematicamente Miseria e Fame conosce il Portoghese, un uomo che all’inizio lo bullizza e poi diventa il suo migliore amico. Insieme i due se ne vanno in giro su una bell’automobile e si abbandonano alle confidenze.
Zezé dice: “Tutto ciò che faccio si trasforma in una bravata. Sembra che il diavolo stia lì a bisbigliarmi cose all’orecchio” e il Portoghese lo rincuora: “È così che voglio vederti sempre. Con i tuoi bei sogni, e senza strane macchinazioni in testa”. Sofferenza e poesia non possono stare separate nella vita del bambino e ogni volta che il padre o una sorella più grande lo picchiano a sangue per uno dei suoi disastri lui sa di essersi meritato la punizione. Chi gli è vicino lo adora e lo detesta, ma lui è consapevole di questa sua condanna: “La verità è che a me hanno raccontato le cose troppo presto”.
Un romanzo inclassificabile questo di Vasconcelos, una storia senza tempo, cruda e delicata insieme, che fa piangere e fa ridere, adatta a tutti i tipi di lettori.
